Ambiente e salute, l’urgenza dei sogni
Pubblichiamo in anteprima l'editoriale del nuovo numero di Ecoscienza, in uscita a breve, che dedica un ampio servizio al tema della relazione ambiente-salute, in particolare nel'ambito del progetto Rias - Rete italiana ambiente e salute.
Ambiente e salute, l’urgenza dei sogni
Ghiacciai, orsi polari e transizione ecologica
Fino a ieri, il cambiamento climatico era rappresentato dalle immagini dei ghiacciai che si sciolgono o dell’orso polare che sparisce. Immagini forti e importanti, ma lontane da noi, dalla vita reale, che rimandavano a interventi complessi, ad accordi politici internazionali, a grandi schieramenti e decisioni. Distanti e irraggiungibili.
La pandemia ha portato l’urgenza della decisione, la necessità di cambiare in fretta e, improvvisamente i grandi temi ambientali sono all’ordine del giorno e diventano i “sogni” del recovery fund (o meglio Next generation Eu).
Gli obiettivi di decarbonizzazione, energie rinnovabili, trasporti e agricoltura sostenibili sono estremamente urgenti, anzi occorre scrivere un piano entro la fine di aprile1. Sono sogni con diverse priorità, già indicate lo scorso settembre2: cambiamenti sostanziali con una capacità di innovazione e di ritorno in termini di investimenti e di rilancio dell’economia, una sfida con progetti di intervento, che cambiano la realtà, creano occupazione, richiamano investimenti, secondo lo European green deal. Priorità per l’Italia: energie rinnovabili, decarbonizzazione, politiche dei trasporti, agricoltura. Tutto nella logica dei co-benefici per la salute, come aveva già prefigurato un gruppo di scienziati guidati da Andy Haines e Tony McMichael nel 20093 e come oggi prescrive il decalogo dell’Organizzazione mondiale della sanita4. In Italia, alcuni ricercatori hanno fornito (febbraio 2021) un’indicazione chiara sulle linee e modalità di azione5, e molti temi sono ripresi da Paolo Vineis in questo numero di Ecoscienza. Certo, l’Italia non ha brillato fino a oggi su questi aspetti, basti pensare ai ritardi nella redazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, ed è legittimo essere scettici. Ma lo scetticismo non ci preclude la possibilità di affrontare i temi all’ordine del giorno, specie dal punto di vista sanitario.
La necessità di una visione e di obiettivi strategici
La realtà è che le esposizioni ambientali danneggiano la salute umana in tutto il mondo. L’aria inquinata, l’acqua, il suolo, il cibo, il lavoro e gli ambienti domestici espongono gli esseri umani di tutte le età a una quantità enorme di sostanze chimiche e di fattori di stress ambientale. Un lavoro sistematico recente ha proposto in maniera dettagliata i meccanismi patogenetici che sostengono l’impatto dannoso delle esposizioni ambientali durante tutta la vita: stress ossidativo e infiammazione, alterazioni genomiche e mutazioni, alterazioni epigenetiche, disfunzione mitocondriale, disturbi endocrini, comunicazione intercellulare alterata, alterazione del microbioma e compromissione del sistema nervoso. Un quadro unitario per comprendere come le esposizioni ambientali inducano gravi effetti sulla salute anche a concentrazioni relativamente modeste6.
Si tratta di acquisizioni nuove che sconvolgono lo stesso modo di pensare della medicina e della biologia, che mettono l’inquinamento atmosferico al quarto posto nella graduatoria mondiale delle cause prevenibili di mortalità prematura7. Al quarto posto dopo fumo, ipertensione e dieta negli uomini e ipertensione, dieta e iperglicemia nelle donne. Molto più di malaria, Tbc e Hiv messi insieme. L’inquinamento ambientale è sicuramente il fattore con l’impatto sulla salute più importante, e nelle aree urbane si accompagna a rumore, isole di calore, mancanza di aree verdi e inquinamento luminoso. Quindi non ghiacciai e orsi polari lontani, ma cause di malattie che sono vicine e devono essere aggredite con uno spirito nuovo.
I progressi nelle tecnologie biomediche e dati sempre più precisi ci permetteranno di delineare la complessa azione delle esposizioni ambientali fino al livello della singola cellula. C’è ovviamente la possibilità di sfruttare la comprensione dei collegamenti tra esposizioni ambientali e salute anche per proporre strategie di prevenzione e trattamento individualizzate. Tuttavia, le sfide ambientali più importanti di oggi (l’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico) possono essere solo parzialmente affrontate a livello individuale. Servono politiche locali, nazionali e intergovernative molto forti per garantire ambienti sani e cittadini in salute.
L’urgenza delle politiche è stata sollecitata dall’Agenzia europea dell’ambiente nella relazione 20208: “Non si tratta solo di fare di più, ma anche di agire in modo diverso. Nel prossimo decennio avremo bisogno di risposte molto diverse alle sfide climatiche e ambientali del mondo rispetto a quelle date negli ultimi 40 anni”. Tutti questi argomenti saranno al centro del dibattito della conferenza Cop 26 di Glasgow a novembre prossimo, che individuerà le politiche e le strategie della roadmap per il clima, che occorrerà accompagnare con supporti metodologici e la collaborazione di discipline diverse. Ma ci sono degli aspetti che vanno chiariti subito, che non hanno bisogno dell’attesa delle grandi strategie internazionali, e che possono essere i presupposti delle azioni future:
1) porre il tema dei co-benefici (sinergie tra politiche sanitarie e ambientali) al centro delle attività di prevenzione del Ssn. L’ambiente ha una grande influenza sulla salute e sulla comparsa delle malattie, ma sono le modalità di sviluppo e i comportamenti umani che cambiano radicalmente l’ambiente e quindi sono responsabili della salute. Sono le modalità di sviluppo e i comportamenti umani, dunque, che occorre modificare e la medicina e la sanità pubblica hanno un ruolo rilevante. Si parla molto dell’importanza dei co-benefici, ma l’attenzione istituzionale non è ancora ben focalizzata, anzi li ignora. Sono temi che non abbiamo visto nel Piano nazionale della prevenzione 2020-2025, il più importante documento programmatorio sulla prevenzione nel nostro Paese. Il Servizio sanitario nazionale è invece chiamato in causa nel suo complesso ancora di più oggi proprio sui temi dei co-benefici
2) rinunciare all’automobile, creare dei quartieri a “basso traffico”, definire percorsi pedonali e/o ciclabili è una medicina per l’uomo, perché aumenta l’attività fisica, riduce patologie cardiovascolari e il diabete, ed è una medicina per il pianeta9. È un’attività di prevenzione immediata che le amministrazioni locali possono iniziare da subito. Si tratta di introdurre cambiamenti radicali nella pianificazione urbana locale (trasporti, uso del territorio, alloggi e rifiuti) per facilitare la connettività e la multimodalità, ridurre i grandi spostamenti quotidiani, potenziare lo sviluppo locale, migliorare gli spazi verdi, controllare le emissioni e stimolare il trasporto sostenibile e l’attività fisica. Numerosi studi epidemiologici da diverse regioni del mondo mostrano i benefici per la salute legati al trasporto attivo (a piedi o in bicicletta), con riduzione del diabete e delle malattie coronariche, diminuzione dei tumori e della mortalità generale. Si può cominciare subito, come a Barcellona e a Londra, per creare zone a basso traffico (esempi ve ne sono e alla fine copiare è molto meglio che stare a guardare)
3) rinunciare alle fonti fossili di energia: petrolio, carbone, gas. Le energie rinnovabili dovranno progressivamente andare a sostituire gli idrocarburi come fonte principale per la produzione di elettricità. È un intervento da fare nei prossimi mesi per arrivare al taglio delle emissioni di CO2 (del 55% entro il 2030, rispetto al 2020). Il taglio di queste fonti rappresenta un beneficio non solo per la riduzione dei gas serra, ma anche per la diminuzione delle emissioni di particolato atmosferico. Un tema urgente da affrontare con interventi legislativi non rimandabili è la restrizione dell‘uso di legna e pellet per il riscaldamento. Gli interessi industriali e privati sono enormi e vedremo il coraggio del “whatever it takes” su questi temi
4) ridurre il consumo di carne. Come detto sopra, gli allevamenti di bestiame hanno un grande impatto sul cambiamento climatico (produzione di gas serra) e sull’inquinamento atmosferico (produzione di ammoniaca e quindi di nitrati) e il consumo di carne è associato alle malattie cardiovascolari e ai tumori. Quale occasione per un intervento di prevenzione di popolazione che ha come motore l’assistenza sanitaria di base e il Ssn? Un esempio vero di sinergia, la sanità pubblica guadagna dalle politiche sul clima, il clima guadagna dalla sanità pubblica.
Gli impegni per una sanità pubblica ambientale
La bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza del precedente governo prevedeva esplicitamente la voce “Salute, ambiente e clima: sviluppo di un modello di sanità pubblica ecologica e di un sistema di sorveglianza della sanità pubblica veterinaria e sicurezza degli alimenti” e in poche righe affidava al Ministero della Salute “un piano di riforme e investimenti che istituisce, sul piano normativo e di dotazioni di risorse, la rete del ‘sistema nazionale di prevenzione salute-ambiente e clima, Snps’, articolata a livello centrale regionale e territoriale, per la piena integrazione con l’esistente Sistema nazionale per la protezione ambientale (Snpa)”.
Si tratterebbe, indubbiamente, di una svolta importante per il Ssn, anche se poco discussa e argomentata. In sostanza, si parla di un sistema parallelo al Snpa, che con questo dovrebbe lavorare e integrarsi. Non una buona partenza per l’integrazione, ma diamo per buone le intenzioni. Fino al 2019 esisteva la task force “Ambiente e salute” del Ministero della Salute, che almeno era un organismo di discussione e di programmazione con rappresentanti dei ministeri, degli istituti centrali, del Ssn e del Snpa. Molti si sono chiesti i motivi per i quali tale struttura non sia stata rinnovata. Alla luce di questo programma, specie se confermato dal nuovo governo, vediamo quali possono essere le priorità (tutte da discutere) che dovrebbero essere considerate negli investimenti per le innovazioni in termini di infrastrutture, personale e meccanismi di funzionamento:
1) Dipartimenti di prevenzione. Occorre una drastica riorganizzazione dei Dipartimenti di prevenzione, insieme a un completo reintegro con personale medico e di sanità pubblica di nuova e moderna formazione. Si tratta di strutture in cui si realizza un’integrazione interna tra la sanità pubblica, la medicina del lavoro, la medicina veterinaria, l’igiene degli alimenti e l’igiene del territorio, e un rapporto stabile con i corrispondenti Dipartimenti territoriali delle Arpa per svolgere congiuntamente tutte le valutazioni preventive come quelle d’impatto ambientale (Via), strategiche (Vas), delle emissioni in atmosfera, degli scarichi ecc. La contemporanea riunificazione delle prestazioni alla persona (vaccinazioni, visite specialistiche, ambulatori ecc.) nel distretto avrebbe il vantaggio di portare più vicino al cittadino le cure e l’assistenza. Questa riorganizzazione, unitamente all’eliminazione delle prestazioni attualmente allocate nel Dipartimento e riconosciute come di scarsa efficacia o addirittura inutili (vedi la presenza del medico in commissioni di pubblico spettacolo), potrebbe dare nuovo impulso alle attività di Sanità pubblica, ovvero interventi mirati all’allontanamento dei fattori di rischio e dunque alla prevenzione primaria, in una stretta sinergia con gli operatori del Snpa e con la rete unica dei laboratori ambientali, microbiologici, tossicologici, epidemiologici e di sanità pubblica.
2) Rete dei centri “ambiente e salute” (laboratori ambientali, microbiologici, tossicologici, epidemiologici e di sanità pubblica). Le competenze in materia ambientale e sanitaria sono attualmente divise in quanto a strutture che erogano le prestazioni e interlocutori che sono coinvolti (individui, collettività, istituzioni). Manca tuttavia un luogo fisico dove le competenze di alto livello, di carattere documentale, programmatorio e di valutazione di impatto ambientale e sanitario, siano raccolte. In molte situazioni territoriali manca anche un laboratorio di sanità pubblica per determinazioni analitiche dei tossici ambientali in matrici biologiche. Si arriva al paradosso che è facile determinare i contaminanti organici negli animali o negli alimenti (grazie agli Istituti zooprofilattici), ma è impossibile eseguire un biomonitoraggio umano. La domanda è se non debbano essere pensate strutture nuove in ambito regionale (e provinciale) capaci di integrare tutte le competenze necessarie (dalle scienze ambientali alla tossicologia ed epidemiologia, veterinaria e di laboratorio) per dare le risposte necessarie in termini di monitoraggio dello stato dell’ambiente, della salute e per la valutazione di impatto. Tali strutture di integrazione dovrebbero essere collegate funzionalmente con le reti del Snpa, delle infrastrutture di epidemiologia regionali e degli istituti zooprofilattici. È solo una proposta, so che molti vedranno in questo i vecchi presidi multizonali di prevenzione, io ci vedo dei nuovi “centri ambiente e salute” dove l’integrazione si realizza.
3) Sistemi informativi ambiente e salute. Uno dei temi in discussione nel recovery fund è la “digitalizzazione” e una quota rilevante dei fondi sta proprio nella svolta informatica e tecnologica. Si tratta di un’opportunità che va colta, ma con attenzione. L’architettura dei sistemi informativi di cui abbiamo bisogno ha sicuramente aspetti rilevanti dal punto di vista informatico, ma gli scopi e il disegno funzionale sono prioritari rispetto alla semplice architettura informatica. Non abbiamo bisogno di big data che si integrano solamente perché qualcuno, smart, interroga i dati per scoprire qualcosa, magari con intelligenza artificiale. No, non vogliamo questo.
Abbiamo bisogno che sia posto al centro dell’interesse l’individuo, a cui debbono essere riferiti tutti gli attributi ambientali, economici, sociali, di lavoro, salute e assistenza sanitaria. L’idea di fondo è una grande coorte dinamica di popolazione, con tutte le informazioni rilevanti, che viene seguita nel tempo osservando in maniera prospettica gli eventi sanitari.
Il modello per noi sono i paesi scandinavi non quelli anglosassoni. Quello di cui avevamo bisogno fosse fatto durante la pandemia e non abbiamo realizzato, lasciandoci con una marea di interrogativi non risolti, può essere provato sul tema ambiente e salute. Esistono modi diversi per proteggere la privacy e non cadere nella burocrazia delle autorizzazioni. I sistemi informativi evoluti sono in grado di integrare a livello individuale e poi rappresentare a livello di popolazione. Sono un primo passo le esperienze della Small Area Health Statistics Unit in Gran Bretagna10 e il sistema di rappresentazione dei dati di salute del Lazio (OpenSaluteLazio11).
4) Autorevolezza e ricerca scientifica su ambiente e salute. Il Snpa ha conquistato la sua autorevolezza sui temi ambientali perché ha strumenti tecnici e competenze adeguati, strumenti di comunicazione evoluti e parla con una voce sola. Il Ssn non ha la stessa autorevolezza sui temi ambiente e salute e ha troppe voci. Mancano meccanismi consolidati di raccolta delle informazioni scientifiche, di sintesi e integrazione delle evidenze, metodi condivisi di comunicazione delle informazioni. Tanti anni fa vi era la Commissione consultiva tossicologica nazionale sui cancerogeni, poi sciolta. Le istituzioni centrali non bastano di certo, l’Università non ha credito e autorevolezza e i progetti come Rias (Rete italiana ambiente salute, di cui si parla ampiamente in questo numero di Ecoscienza) sono solo una supplenza. Accanto alla carenza di un’autorevole struttura di consulenza scientifica per le istituzioni12 e i cittadini, manca una visione e programmazione della ricerca scientifica sui temi ambiente e salute. I fondi, se ci sono, sono i residui del Ministero della Salute. Un programma nazionale della ricerca scientifica su ambiente e salute è un sogno, come il recovery fund.
5) Piano nazionale di formazione. Nel progetto Epiambnet13 prima e in Rias14 dopo si è constatato il grande bisogno di formazione e aggiornamento degli operatori di Snpa e Ssn, sappiamo delle necessità formative dei medici di medicina generale, conosciamo bene la carenza della formazione in ambito universitario, dai corsi di laurea ai programmi di specializzazione. La task force del Ministero della Salute ha già fatto una ricognizione dei programmi formativi con proposte concrete di un curriculum formativo15.
È una rivoluzione ormai matura.
Una parola finale va all’esperienza dei progetti del Ccm, Epiambnet e Rias. Si tratta di un cambiamento radicale del modo di agire e lavorare, dove alla leadership di singoli si contrappone la leadership condivisa della rete, che fa intelligenza, metodologia, cultura e ricerca. Che occasione abbiamo ancora per imparare e sognare.
Ringraziamenti
Ringrazio Carla Ancona, Paola Michelozzi, Maria Grazia Petronio e Paolo Vineis per gli utili commenti e suggerimenti.
Francesco Forastiere • Direttore scientifico di “Epidemiologia&Prevenzione”
Note
1 Si tratta di decisioni in capo al nuovo Ministro della Transizione ecologica e al Ministro dell’Economia e delle finanze che ci promette (8 marzo 2021) “meno di due mesi per finalizzare il piano. Ci consegnerà un Paese più prospero, più sostenibile, econ una pubblica amministrazione più efficiente.”
2 Forastiere et al., “Sogni da recovery fund”, Scienza in Rete, 26/09/2020, http://bit.ly/Forastiere_et_al_2020
3 Haines A. et al., “Public health benefits of strategies to reduce greenhouse-gas emissions: overview and implications for policy makers”, Lancet, 2009 Dec 19;374(9707):2104-2114.
4 WHO Manifesto for a healthy recovery from Covid-19. Prescriptions for a healthy and green recovery from Covid-19, http://bit.ly/WHO_Manifesto_2020
5 Cambiamenti climatici e pandemie: cambiare prima che sia troppo tardi, 9 febbraio 2021, www.isde.it/cambiamenti-climatici-e-pandemie-cambiare-prima-che-sia-troppo-tardi
6 Peters A., Nawrot T.S., Baccarelli A.A., “Hallmarks of environmental insults”, Cell, 2021 Feb 26:S0092-8674(21)00086-6, doi: 10.1016/j.cell.2021.01.043. Epub ahead of print. PMID: 33657411.
7 Gbd 2019 Risk Factors Collaborators, “Global burden of 87 risk factors in 204 countries and territories, 1990-2019: a systematic analysis for the Global burden of disease study 2019”, Lancet, 2020 Oct 17;396(10258):1223-1249.
8 www.eea.europa.eu/it/publications/l-ambiente-in-europa-stato-e-prospettive-2020
9 Laverty A.A., Goodman A., Aldred R., “Low traffic neighbourhoods and population health”, BMJ, 2021 Feb 22;372:n443, doi: 10.1136/bmj.n443. PMID: 33619043.
10 Elliott P., Westlake A.J., Hills M., Kleinschmidt I., Rodrigues L., McGale P., Marshall K., Rose G., “The Small Area Health Statistics Unit: a national facility for investigating health around point sources of environmental pollution in the United Kingdom”, J Epidemiol Community Health, 1992 Aug;46(4):345-9.
11 www.opensalutelazio.it/salute
12 #ScienzaInParlamento (www.scienzainparlamento.org) ha l’obiettivo di promuovere la creazione di un ufficio permanente e politicamente imparziale che fornisca consulenza scientifica e tecnologica d’eccellenza al Parlamento italiano, affinché i rappresentanti politici possano formulare proposte di legge informate e prendere decisioni pubbliche consapevoli.
13 https://reteambientesalute.epiprev.it
15 www.ccm-network.it/imgs/C_27_MAIN_progetto_475_3_file.pdf