Analisi di dati complessi e modelli in silico
Negli ultimi anni si è assistito ad un progresso scientifico e tecnologico tale da rendere possibile l’utilizzo di tecniche in vitro e in silico, al posto di quelle in vivo, per analizzare al meglio gli aspetti tossicologici delle sostanze inquinanti nei confronti dell’organismo umano. Mentre le tecnologie in vivo studiano le reazioni di cavie o altri animali da laboratorio ad una esposizione a contaminanti per giudicare la tossicità di composti ed elementi con cui l’uomo può entrare in contatto, quelle in vitro analizzano le risposte delle cellule all’introduzione in esse di una certa dose di inquinante e quelle in silico ricorrono a metodi basati sull’utilizzo di modelli elaborati al computer.
Anche il mondo dell’epidemiologia può avvantaggiarsi di questo progresso, con un cambio di prospettiva che sposta la stima delle curve dose-risposta dalla concentrazione di contaminante nella matrice ambientale a quella relativa alle cellule dell’organismo. Ci si deve aspettare quindi nel prossimo futuro all’adozione di soglie di concentrazione di inquinanti nei tessuti umani invece che solo a limiti di concentrazione nelle matrici ambientali.
Grazie allo sviluppo di modelli farmacocinetici (PBPK models) è possibile stimare le concentrazioni nei vari organi per valutare il grado di esposizione di una popolazione a una sorgente contaminante. Si tratta di una valutazione full chain dell’esposizione, ovvero un’analisi che parte dall’individuazione delle sorgenti inquinanti e arriva alla stima delle quantità di contaminanti presenti negli organi passando per una misura o una stima delle concentrazioni di inquinante nelle matrici ambientali e dell’assunzione di sostanza nell’organismo. L’epidemiologia ambientale ha per molto tempo adottato un approccio di tipo a “black box”, dove gli effetti sulla salute di una popolazione venivano associati a valori di concentrazione nelle matrici ambientali, considerati proxy della reale esposizione.
L’aumento della disponibilità di calcolo dei moderni computer, la disponibilità di grandi basi dati e le relative tecniche di analisi (big data), l’avvento di software di gestione dei dati in ambito geografico (GIS) in unione alla disponibilità di modelli di dispersione degli inquinanti nei vari comparti ambientali sempre più affidabili, ha sicuramente portato considerevoli miglioramenti nella valutazione dell’esposizione. Si è arrivati a poter “categorizzare” la popolazione in studio attraverso valori di esposizione ambientale, differenziati a livello di piccola area o microscala, utilizzando ove possibile anche informazioni individuali. Con l’approccio full chain tutto questo rimane, andando a migliorare il dato che serve come input al modello farmacocinetico, che non si ferma più alla stima della dose assunta dall’individuo, ma considera la “matrice uomo” e la propagazione delle dosi ad organi e tessuti grazie all’utilizzo dei modelli farmacocinetici.
Confronto tra l’approccio a black box e quello full chain
Vi è quindi una integrazione tra l’epidemiologia classica e l’epidemiologia molecolare, con l’introduzione di nuovi concetti, come quello di “esposoma”, visto come “resoconto di tutte le esposizioni, sia interne che esterne, a cui un individuo è soggetto durante tutto il suo periodo di vita, dalla nascita in poi”. (Wild, 2005)